ROBINSON è un percorso didattico rivolto alla scuola secondaria di primo grado. Il percorso propone un approccio all’algebra, con la comparsa delle variabili. Le variabili vengono introdotte come numeri nascosti: in vari contesti è utile analizzare la situazione senza considerare i valori specifici dei numeri in gioco (o perché sono sconosciuti o perché il loro valore è appunto variabile e si cerca un ragionamento generale, che valga a prescindere dal valore attribuito).
ROBINSON è un percorso didattico rivolto alla scuola secondaria di primo grado. Il percorso propone un approccio all’algebra, con la comparsa delle variabili. Le variabili vengono introdotte come numeri nascosti: in vari contesti è utile analizzare la situazione senza considerare i valori specifici dei numeri in gioco (o perché sono sconosciuti o perché il loro valore è appunto variabile e si cerca un ragionamento generale, che valga a prescindere dal valore attribuito).

Julia Robinson

Julia Robinson è stata una matematica americana, che si è occupata di logica matematica, teoria delle equazioni, teoria degli algoritmi e teoria dei giochi.
Da bambina, per motivi di salute perse due anni di scuola; ma, in un solo anno, riuscì a recuperare il tempo perduto. Successivamente prese il Dottorato sotto la guida di Alfred Tarski, uno dei più noti logici matematici in quel periodo.
Julia Robinson ha poi insegnato matematica, logica e statistica all’Università della California, nella prestigiosa sede di Berkeley.
Nella sua vita, ha ricevuto molti riconoscimenti. In particolare, nel 1982 è stata Presidente dell’American Mathematical Society, la società scientifica che riunisce tutti i matematici degli Stati Uniti.
Morì a causa di una leucemia.

Il risultato più importante di Julia Robinson è legato al “problema di decisione” per certe equazioni. Nella scuola secondaria noi studiamo come si risolvono le equazioni di primo e di secondo grado. È facile rendersi conto che, anche se consideriamo un’equazione in cui tutti i coefficienti sono interi, può capitare che le soluzioni non siamo intere (basta pensare a 2x = 1 oppure x2 = 5).
D’altra parte, in molte situazioni pratiche hanno interesse soltanto le soluzioni intere. Per esempio, in certi problemi si chiede il numero di persone che partecipano a una festa, o il numero di camion necessari per un certo trasporto (in questi problemi capita talvolta che uno studente, senza ragionare troppo, risponda 3,5 camion!).
Pensiamo ora a equazioni con più di un’incognita, come x3 – 2y2 = 5 o anche a equazioni più lunghe e complicate. Non è troppo difficile trovare una soluzione dell’equazione considerata: attribuisco ad x un valore a mia scelta, per esempio pongo x = 3; dopo di che, con qualche passaggio, trovo che y =√11. Ma... c’è una soluzione dove sia x sia y siano interi? Non conosco formule come nel caso delle equazioni di secondo grado; posso solo procedere per tentativi. In questo caso, sono fortunato perché c’è una soluzione con numeri non troppo grandi: x = 7 ed y = 13. Infatti, 73 – 2×132 = 5.
Tuttavia, in generale, procedere per tentativi è pericoloso, perché si corre il rischio di continuare per molto tempo senza trovare nulla. Quando ci si ferma? E poi, se ci si ferma e si rinuncia, resta il dubbio di aver interrotto i tentativi proprio nel momento sbagliato, perché stavamo per arrivare a una soluzione.
Nel 1900 il grande matematico David Hilbert pose esplicitamente il problema (noto come decimo problema di Hilbert): trovare un procedimento generale che, data un’equazione, permetta di stabilire se esiste almeno una soluzione intera.
Il problema è estremamente difficile e si arrivò ad una soluzione solo nel 1970. A questa soluzione collaborarono quattro grandi matematici: Martin Davis, Yuri Matiyasevich, Hilary Putnam e, appunto, Julia Robinson (per cui qualcuno parla del teorema DMPR). E, contrariamente a quanto si poteva sperare, la soluzione è “negativa”: il procedimento generale richiesto da Hilbert non esiste! Anche avendo a disposizione i migliori computer del mondo, non si potrà mai progettare un software che permetta di stabilire se un’equazione ammette o no soluzioni intere (un procedimento si può trovare solo se ci si limita a particolari tipi di equazioni).
Due osservazioni importanti. In primo luogo, il risultato è frutto della collaborazione di quattro studiosi, ciascuno dei quali ha dato un contributo essenziale. Difficilmente un unico studioso, per quanto geniale, sarebbe riuscito ad arrivare alla soluzione da solo.
E poi il risultato, come dicevamo, è negativo. La matematica è spesso vista come la materia in cui si calcola, si risolve, si dimostra; ma perfino la matematica ha i suoi limiti. E la logica matematica, in qualche caso, è riuscita a precisare proprio questi limiti: ci sono problemi (come quello considerato) che nessuno potrà mai risolvere. Può sembrare scoraggiante. In realtà, un risultato “negativo” è spesso molto fecondo, perché apre la strada a successive ricerche, sempre più approfondite e affascinanti.